I NOSTRI REDUCI RACCONTANO Stampa
Scritto da Luigi Furia   

I NOSTRI REDUCI RACCONTANO...

«Ma tu sei morto, sei morto!»

Sono stato fatto prigioniero a Valuiki dai russi (gennaio 1943) ... è stata dura ...  fame e freddo ... avevo congelato un piede ... fa pus ancora adesso ... prima siamo stati chiusi nelle stalle di una vecchia scuderia ... ci scaldavamo sopra il letame ... fermentava e scaldava ... poi mi hanno mandato in Siberia ... poco tempo però, altrimenti crepavamo tutti ... ho preso il tifo petecchiale ... ci hanno poi portato nel Kazakistan ... vicino alla catena dell’Himalaya ... nelle piantagioni di cotone ... mai viste estensioni così, cose da non credere ... io che avevo fatto il contadino, era un piacere vedere quella campagna, quelle piantagioni ... bello, bello ... ma il lavoro era duro... dovevi fare tanti quintali per avere un pezzo di pane scuro e duro ...

 

Io piano piano avevo imparato il russo, non molte parole, ma però mi facevo capire ... la gente era buona, ma i cosacchi erano tremendi ... prepotenti, cattivi ed anche un po’ ignoranti ... si mangiava quando c’era ... abbiamo sempre mangiato pane nero, verze e cavolfiore ... nella minestra ci mettevano dentro il miglio ... non pisciavi più ... non riuscivi più a  fare la pipì ... c’era un dottore che era bresciano ... un bravo dottore ... faceva quel che poteva ...

Tanti sono rimasti là ... morti di stenti ... alcuni sono stati fucilati ... quando c’era un morto nel campo sentivi sciacalli e iene ... si sentivano la notte ... i corpi erano appena sotto terra e le bestie li disseppellivano ... un disastro, un disastro! ... pregavo per loro ... pregavo anche al cimitero ... cimitero? ... per modo di dire ... un prato non recintato, li portavano lì ...

Un fuoriuscito toscano mi disse: «Sala, sai che vai a casa»  ... non ci credevo ... invece la sera siamo saliti sul treno ... siamo partiti la sera del 27 settembre 1945 ... 45 giorni di viaggio... siamo arrivati in Italia a novembre ... quando siamo arrivati al Brennero siamo scesi a baciare la terra... nessuno aspettava ancora di venire in Italia ... ho sempre detto che Dio mi ha dato la fortuna di venire a casa ... L’ho sempre pregato, come ho sempre pregato l’Angelo Custode ... mi hanno fatto la grazia ...

Sono venuto a casa ... la prima persona che ho incontrato, era una donna che conoscevo e quella: «Ma tu sei morto, sei morto, sei sulla lapide dei Caduti» ... un altro che era tornato a casa appena dopo la ritirata aveva testificato che io ero morto ... «Non sono morto perché sono qua!» ... si è messa piangere, quella donna ... sono andato a cercare mio papà, ma era morto ... mi era morta anche una sorella, una brava ragazza ... allora sono andato al cimitero a pregare sulle loro tombe ... sulla lapide c’era anche il mio nome: Sala Luigi, disperso in Russia ... poi ho incontrato il parroco, mi ha abbracciato... anche lui si è messo a piangere: «Reverendo, non sono morto, sono qui».

 

Sala  Luigi - classe 1922 - Gruppo Ponte S. Pietro (Testimonianza raccolta da Luigi Furia)

 

 

 

Ultimo aggiornamento Domenica 18 Aprile 2010 09:06