Il disco è nelle edicole in questi giorni al costo di 7,80 euro più il prezzo del giornale
Un alpino da solo smoccola. Due, e un buon bicchiere di vino, è già un bel cantare. Tre sono un coro. Gli alpini cantano. Da sempre. Ma, com'è tradizione della gente di montagna, cantano in gruppo, in coro. Hanno incominciato nelle caserme del Piemonte, quando il Regio Esercito aveva ancora una impronta savoiarda e i canti erano spesso di derivazione francese, entrati a far parte delle forme dialettali della gente di quelle vallate, dove era molto diffuso un «patois» molto simile alla lingua d'oltralpe. Ma l'autentica tradizione nasce tra le penne nere nelle dure marce, tra i ghiacciai, nella nostalgia di casa e del paese, nel ricordo della «morosa», e, soprattutto, durante la Grande Guerra.
Che le trincee, l'attesa dell'assalto, le gelide notti nelle baracche sospese sui precipizi, la cadenza ritmica degli scarponi ferrati, il dolore per la perdita dei compagni, il desiderio e la speranza di ritornare tra le proprie montagne siano stati una eccezionale fucina di canti alpini, lo conferma la bella raccolta di canzoni delle penne nere nel cd in vendita in questi giorni nelle edicole assieme a «L'Eco di Bergamo». Un'altra iniziativa del nostro quotidiano in vista dell'eccezionale appuntamento dell'83ª adunata nazionale degli alpini. Il cd (al costo di euro 7,80 più il prezzo del giornale) che si presenta con il titolo «I 30 veri canti degli alpini», raccoglie una selezione tra i brani più belli e suggestivi del repertorio delle penne nere. Li presenta il coro «Grigna» della sezione Ana di Lecco, in una elegante confezione nella quale è compreso un fascicolo con la storia fotografica – «Sul cappello che noi portiamo...» – del corpo degli alpini dal 1872 a oggi. L'iniziativa editoriale è della De Agostini.
La selezione di canti delle penne nere incomincia con la più classica delle canzoni che quando la banda incomincia a suonare passando tra ali di folla trascina la gente ad applaudire: «Aprite le porte... che passano/i baldi alpin». Ma dietro questo motivo trascinante c'era una più che valida ragione: dopo una dura marcia, quando lo zaino diventa un macigno e il fucile ti tormenta la spalla, e la caserma sembra ancora lontana, ecco la fanfara attaccare con questa allegra musica. Il battaglione sembra quasi cambiare aspetto: le schiene si raddrizzano, la penna nera si allinea alle altre, gli scarponi danno il ritmo: «Come la marcia ben/la banda degli alpin!». Ma il canto classico degli alpini, che sentiremo chissà quante volte durante l'adunata non può essere che: «Sul cappello che noi portiamo/c'è una lunga penna nera/che a noi serve da bandiera...». Canti nati spontanei, che nei nostri paesi e sui nostri monti un tempo erano molto diffusi e che restano nella memoria. Se qualcuno li ha dimenticati oppure non li conosce, c'è questo cd per impararli. Per passare quindi dall'esercizio alla pratica mescolandosi alle penne nere per le vie e le piazze del prossimo grande appuntamento alpino.
P. C. il 18/04/2010 - L'Eco di Bergamo
|