I reduci raccontano: 101 storie di alpini, la storia di una terra Stampa

Presentato il libro di Luigi Furia: interviste,  memorie e scritti di penne nere sui fronti di guerra. E non solo.

 

 

 

Tra le manifestazioni di «Aspettando l'adunata», la serata in cui solo l'orgoglio alpino ha saputo vincere la commozione suscitata dalla lettura dei racconti di alcuni reduci. Un'emozione resa ancora più viva della presenza di due grandi vecchi, due alpini, gli unici per i quali le parole del racconto sono un passato realmente vissuto: Bepi Locatelli di Villa d'Almè, classe 1917, prima ha combattuto sul fronte occidentale poi sul fronte jugoslavo, mentre il sergente Pasquale Paleni, classe 1919, di Cusio, è uno dei reduci di Nikolajewka.
«Terra di Bergamo, terra di alpini» è il tema che ha guidato la presentazione del libro «I reduci raccontano - Storie di alpini bergamaschi», occasione per raccontare la storia di questi «soldati, non del duce o del re, ma italiani che hanno servito la patria sui fronti in Francia, Albania, Grecia, Jugoslavia, Russia, finendo poi nei campi di prigionia in Germania, in Unione Sovietica, in Sud Africa e più lontano, come Bortolo Benzoni che tornò dall'Australia a Rovetta nel gennaio del 1947, o padre Giovanni Brevi rientrato dalla Russia solo nel 1954», ha spiegato Luigi Furia, direttore della rivista «Lo scarpone orobico» e curatore del libro edito da Mursia, senza dimenticare «coloro che, finiti prigionieri in Germania dopo l'8 settembre, ne hanno viste di tutti i colori: sono loro i primi resistenti, soldati che non sono stati riconosciuti come prigionieri di guerra, ma solo internati militari italiani».
Tra le 101 storie raccolte in interviste, memorie, scritti, «privilegiando la genuinità della forma a scapito della sintassi», trova spazio anche la testimonianza dei reduci della Rsi, «dimenticati, vilipesi per una scelta imposta dal ricatto, dal rischio della vita di familiari, amici e propria». Allo stesso modo non si è mai parlato abbastanza «dei fantalpini e bersalpini: fanti e bersaglieri presenti nelle compagnie alpine, come Paolo Troletti di Parre, che faceva parte del 288° reggimento fanteria aggregato alla divisione Tridentina durante la Campagna di Russia. Tutti sono da onorare per la dignità ed umanità che hanno saputo esprimere» ha concluso Furia.
Gli stessi sentimenti di ammirazione e gratitudine verso i reduci sono stati espressi dal presidente Antonio Sarti, che ha il merito di aver voluto la realizzazione del libro: «Ho un solo un rammarico, quello di non averci pensato prima e di aver permesso di perdere alcuni testimoni. È importante lasciare questo documento soprattutto per le nuove generazione, perché capiscano cosa significa un mondo in pace. Nessuno dei nostri reduci avrebbe voluto vivere la tragedia della guerra; molti di loro sono rimasti in terre lontane, tutti hanno indossato il cappello alpino con orgoglio e dignità». Evocati dai brani letti dall'alpino Dario Frigeni, sono «sfilati» sotto gli occhi dei presenti (non molti purtroppo) Angelo Arrighi di Bossico, destinato al fronte greco-albanese, o Bortolo Andreoli di Pianico, che ha combattuto sul fronte occidentale; poi i protagonisti della tragedia della ritirata e della «marcia dei fantasmi in grigioverde», ma anche testimoni della bontà di una famiglia russa che dona una tazza di latte e una sigaretta fabbricata con la carta di giornale a Valentino Carrara di Albino.
Racconti che per gli alpini sono anche canti tradizionali, come «Joska la rossa» o «Tapum», proposti dal gruppo «Donne alla Fontana» di Santa Brigida. Nella seconda parte della serata il coro, da anni attivo nel recupero e promozione del canto popolare della gente di montagna, ha eseguito brani anche propri per cantare le fatiche dell'emigrazione italiana e delle donne rimaste a casa.
 

Laura Arnoldi il 22/04/2010 - L'Eco di Bergamo

 

 
 

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