Restano esposti quasi tutti i 140 mila vessilli per le penne nere. «Rimpianto per la festa finita e voglia di ricordare l'adunata»
Passione tricolore. Gli alpini hanno lasciato la città, ma sono ancora molte le bandiere tricolori appese a terrazzi, finestre e lampioni (foto Yuri Colleoni)
Un po' come le Frecce tricolori. L'onda alpina dell'adunata ha investito Bergamo lasciandosi alle spalle una grande scia verde, bianca e rossa. Sono trascorsi ormai due giorni abbondanti dall'epilogo del grande appuntamento e, a parte le tribune e qualche transenna, l'unica traccia di ciò che è avvenuto sono queste bandiere che 140 mila erano e 140 mila su per giù sono rimaste. Come un marchio che nessuno si azzarda più a levare. Basta alzare un po' lo sguardo e il grande abito tricolore è ancora lì impeccabilmente indossato dalla città. Gli stendardi ai lampioni, i rivestimenti dei Propilei compreso il grande striscione di benvenuto steso tra i due monumenti, le vetrine dei negozi, le bandiere sui palazzi istituzionali come Palafrizzoni, ma soprattutto quelle lasciate sventolare dai terrazzi e dalle finestre dei condomini e delle abitazioni private.
«Credo che resteranno lì ancora un bel po'», aveva previsto l'altroieri il presidente della locale sezione dell'Ana Antonio Sarti tracciando il bilancio del raduno delle penne nere. Non si sbagliava.
Certo il fatto che tra un mesetto preciso preciso saremo in pieno clima mundial, qualcosa potrebbe anche influire, di tricolori per gli azzurri ne rivedremo di sicuro qualcuno, ma la verità è che l'83ª adunata ha lasciato il segno. Un misto tra il rimpianto per la festa finita e la voglia ritrovata di esibire sentimenti – come il senso di appartenenza a una comunità più ampia rispetto a quella locale – considerati forse un po' impolverati. E se è vero che sono ormai lontani i tempi (era il 1997) in cui Umberto Bossi dichiarava di utilizzare il simbolo dell'unità nazionale per la propria toilette, è vero anche che in una città dove la Lega spopola in maniera sempre più netta questa fiammata d'amor patrio suona quasi come una contraddizione.
«Perché tengo esposto il tricolore? Per ringraziare gli alpini di ciò che ci hanno regalato la scorsa settimana e di ciò che fanno quotidianamente: è questa la gente che serve al Paese e che dobbiamo sostenere in tutti i modi», dice un negoziante di Borgo Palazzo. «Forse – spiega la giovane Serena Seletti – il segreto sta tutto qui: nel ritrovare valori condivisi e nel sapere che c'è chi li segue nella vita di ogni giorno. È certamente un grande stimolo per tutti e credo che su questo anche le divisioni politiche vadano a farsi friggere». Chissà se una settimana fa avrebbe detto la stessa cosa. «Personalmente – aggiunge Giulia Colleoni – considero queste tre giornate un'esperienza bellissima anche sul piano umano. Una specie di iniezione di fiducia in un panorama che è normalmente desolante; credo che non passerà tanto presto o almeno me lo auguro».
Perché gli alpini vanno, ma i loro sentimenti restano. Assieme al tricolore.
E. Fa. il 12/05/2010 - L'Eco di bergamo
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