Passa la bandiera del mitico 5° alpini. La città sull'attenti Stampa

Folla per le strade al passaggio dello storico vessillo. Tentorio agli alpini: «Ora siamo fratelli, siamo concittadini»

 

 

Quella bandiera è leggera, eppure pesa tonnellate. In quel Tricolore ci sono sangue, sudore, passione e sacrificio. È la bandiera di guerra ma oggi parla di pace: fa luccicare gli occhi quando la compagnia del 5° alpini intona a gran voce l'Inno del Morbegno appena imboccato viale Papa Giovanni XXIII e veci e bocia si mettono sull'attenti al suo passaggio. È la bandiera del 5° alpini quella che sfila per la città, e mai scelta fu più azzeccata qui in «terra di Bergamo generosa di alpini» dice lo speaker. Lo stesso che ricorda i battaglioni Edolo, Morbegno e Tirano, e per i bergamaschi da naia sono colpi al cuore e botte di orgoglio: di quelli che ti fanno tenere la mano destra sempre più tesa sulla fronte e lo sguardo fiero in avanti, finché la bandiera non diventa un punticino all'orizzonte. Perché in quelle 2 medaglie d'oro, 1 d'argento e 2 di bronzo al valor militare, 2 di bronzo al valor civile e alla Croce di gran cavaliere dell'ordine militare italiano che brillano sul nastro azzurro c'è un pezzo di vita di molte penne nere. Qualcosa che va ben al di là di 12 mesi in qualche caserma dell'Alto Adige, dove spesso fuori non ti parlavano in italiano perché portavi una divisa.

Del resto la tre giorni dell'adunata nazionale è fatta di tante cose: momenti seri e ludici, canti, bevute e goliardia. Ma quando arriva la bandiera di guerra la cosa si fa seria e c'è solo una parola adeguata: orgoglio. Quello del comandante del reggimento colonnello Giovanni Coradello quando passa in rassegna le compagnie e vede spuntare all'orizzonte di via Tasso la bandiera di guerra: dei giovani soldati non più di leva, ma professionisti, diversi di ritorno dall'Afghanistan, che marciano fieri per una città che pare attendere solo loro e che canta a squarciagola l'Inno di Mameli in un'occasione che non sia una partita della nazionale. Quello dei sindaci della Bergamasca, molti con il cappello alpino, dietro i loro gonfaloni: un mare colorato che rende omaggio a questo straordinario mondo di alpini. Magari un po' difficile da mettere in fila per quattro nello schieramento, vuoi per l'inesperienza, vuoi per quel pizzico di emozione. Operazione che le penne nere con gagliardetti e labari al seguito compiono invece in un amen.
E come in ogni grande occasione, non poteva mancare la gaffe: protagonista la Regione, il cui gonfalone, annunciato nel programma ufficiale e pure dallo speaker in prima lettura, non si è proprio visto. Né si vedrà, con discreto imbarazzo del consigliere Carlo Saffioti, in rappresentanza del Pirellone. Presenti invece in forza Provincia e Comune: il presidente Ettore Pirovano con fascia azzurra e due consiglieri (Maurizio Maggioni e Giuseppe Ferri) con tanto di cappello da alpino, il sindaco Franco Tentorio con quella tricolore e due assessori (il vice Gianfranco Ceci e Andrea Pezzotta) con regolare copricapo.
Tutti in marcia per le vie del centro: via Tasso, via Tiraboschi, Paglia, Paleocapa, Papa Giovanni fino a Palazzo Frizzoni. Con un fiero (e commosso) Mirko Tremaglia, decano dei parlamentari bergamaschi, a braccetto con Giorgio Jannone e pubblicamente ringraziato per la sua passione per l'Italia «la stessa che anima i nostri giovani»: Antonio Misiani, invece, preferisce fare ritorno per un giorno nei ranghi del Comune (dove marcia anche don Mario Carminati, delegato della Diocesi per l'adunata), sfilando in mezzo ai consiglieri. Senza distinzione tra maggioranza e opposizione, perché gli alpini non hanno colore, ma sono di tutti.

 


E Bergamo è per loro, non solo in senso metaforico: «Vi abbiamo dato la cittadinanza onoraria, ora siamo fratelli, siamo concittadini», ricorda Tentorio davanti a Palafrizzoni, dopo che il Comandante generale delle forze terrestri Armando Novelli e quello delle truppe alpine Alberto Primicerj hanno passato in rassegna i reparti, cominciando dalla strepitosa fanfara della Julia. Un pezzo di storia che fa muovere a passo di marcia la città tutta. «Desidero, voglio, prego che dopo questi due giorni pieni di fratellanza, amicizia ed affetto i nostri rapporti siano ancora più forti. E ne sono sicuro», conclude il sindaco nel suo brevissimo intervento, prima che bandiere, gonfaloni e labari entrino nel cortile di Palazzo Frizzoni. Come quello dell'Ana nazionale, luccicante di 213 medaglie d'oro al valor militare, 3 al valor civile e una al merito della Croce Rossa. Lo regge un alpino dai tratti mazziniani, sembra uscito da una pagina del Risorgimento con i suoi baffi e il pizzetto. Fiero e senza tempo, come questo straordinario popolo di alpini.


Dino Nikpaljdi il 08/05/2010 - L'Eco di Bergamo