Una festa per le famiglie: ricordo indelebile per i nostri figli. E i giovani: magari le strade fossero sempre così vive e allegre.
«Gli alpini? Quasi meglio dei Mondiali». I giovani si sbilanciano, la folla da brivido delle penne nere ha sorpreso anche loro, contagiandoli con una sana, inspiegabile allegria. E il tifo sale, le grancasse che ritmano il cuore. È una festa delle famiglie la festa degli alpini. In grado di unire generazioni di solito sfilacciate. Ci sono bambini nei passeggini, sulle spalle dei papà, arrampicati dove capita sotto l'occhio vigile dei genitori, con tanto di cappelli e penne su misura. Da grandi ricorderanno fotogrammi di queste giornate in musica e in divisa. Magari sfocati, però indelebilmente impressi: potranno dire di esserci stati, loro, alla Bergamo 2010, adunata numero 83. Gli under 30 applaudono increduli: «La città finalmente si è svegliata! Grazie alpini. Avete portato in strada più gente della Coppa del Mondo».
Nel 1986 Pierangela Rovaris e Davide Masnada avevano 15 anni, sono venuti alla sfilata separati, non si conoscevano ancora. Oggi sono moglie e marito, e al seguito hanno i figlioletti Francesco di due anni e mezzo e Tommaso di cinque. Abitano a Presezzo, e da venerdì girano in città per non perdersi uno spettacolo così. «È davvero una bella occasione – dicono – ed è stato organizzato tutto benissimo. Che bello vedere Bergamo viva, con l'aria più respirabile». E i bambini? «Sono entusiasti – rispondono –. Anche perché gli alpini sono molto cordiali e hanno sempre una parola gioiosa».
Il kit dello spettatore-tipo prevede mantella e k-way antipioggia, tricolore al collo o sventolante, bottiglietta d'acqua (e in qualche caso panino) di sopravvivenza, digitali e telecamere per improvvisarsi reporter. Lo zaino in spalla e le scarpe grosse fanno sentire tutti più alpini. Per l'eccezione si sopportano, senza un plissè, persino la calca e le transenne.
«Mio figlio Francesco ha 3 anni ed era esterrefatto al suono dei tamburi, con gli occhi spalancati a guardare le Frecce tricolori. C'è un'atmosfera unica, sarebbe bello poterla ripetere ogni tanto», ammette Paola Toscani, di Bergamo. Anche Mauro Breviario, da Pontirolo Nuovo, cammina con una ciurma di bimbi, tra figli suoi e amici. «È stata un'emozione unica. Ho partecipato a tante adunate, Asti, Treviso, ma bisogna fare i complimenti a Bergamo per l'organizzazione impeccabile. Anche con i mezzi: siamo venuti in treno e ha funzionato tutto alla perfezione».
Per molti l'83ª edizione ha superato di gran lunga quella di 24 anni fa. «Sarà perché è passato del tempo e quindi i ricordi sono un po' sbiaditi – riconosce Clara Fiaschi, della città – ma questa adunata mi sembra ancora più bella, con più persone, più festosa. Già da mercoledì scorso c'era un clima diverso, ed è iniziata ad arrivare gente da fuori. Ho seguito la manifestazione un po' in tv e un po' dal vivo, mi è venuta la pelle d'oca per l'emozione, soprattutto quando hanno sfilato i più anziani. Un momento unico anche dal punto di vista umano». Lei è donna di mare, «adottata» dalle montagne orobiche, «dove ho imparato a conoscere il valore degli alpini». Coraggio riscoperto oggi anche dalle generazioni più verdi. «È la prima adunata che vediamo e non conoscevamo la realtà degli alpini – ammettono Daniele Nozza di Seriate e Alice Bergamelli di Bergamo, entrambi di 25 anni, con tanto di spilletta tricolore alla giacca –. Ma è stata una bellissima sorpresa. Erano stati annunciati grandi numeri, ma non ci aspettavamo tutta questa gente. È stato emozionante ascoltare le fanfare, vedere lo spettacolo di sabato allo stadio». Insomma una città inedita: «Era ora, di solito è un mortorio!». Come conferma Valentina Vezzoli, cittadina di 22 anni: «Mi ha fatto un effetto troppo strano vedere la città così. Non sembrava neanche Bergamo e non sembrava vero. Neanche per i Mondiali c'era una simile folla in strada. E poi tutti sembravano felici». «È perché gli alpini sono un esempio morale – prova ad abbozzare una spiegazione Ezio Terzi, 25 anni, anche lui di Bergamo –. Trasmettono i valori veri, Bergamo bisognerebbe vederla sempre così». «Gli alpini sono il simbolo dell'Italia unita – incalza Daniela d'Isidoro –. E anche se per mezz'ora siamo rimasti "incastrati" nella folla, preferisco la città viva di questi giorni, al resto dell'anno». Gli ombrelli si aprono, un tetto multicolore. L'abbraccio arcobaleno di Bergamo ai suoi alpini.
Benedetta Ravizza il 10/05/2010 - L'Eco di bergamo
|