Al tramonto sfilano i nostri. E dalle tribune è un boato Stampa

«Berghem, Berghem»: il grido si alza al passaggio degli alpini orobici. Quasi due ore di ovazioni raccolte tra piazza Sant'Anna e il palazzetto.

 

 

 

Piove ma è come se ci fosse il sole. Fa quasi buio, ma sembra che la giornata sia appena iniziata. La pioggia non bagna, gli ombrelli si chiudono anche se vien giù come dio la manda e le stelle questa sera non brillano in cielo, ma son qui a sfilare per strada. Perché tocca a Bergamo signori, e il mondo viaggia al contrario. Un caleidoscopio che riflette mille immagini, le fa rimbalzare dalla testa al cuore e quasi non capisci più nulla. Non ti resta che urlare. Di gioia naturalmente. Si sgolano dai palazzi, chiamano per strada e il grido è sempre lo stesso: «Berghem, berghem». Già Berghem, Bergamo. A sfilare non è solo la sezione più numerosa d'Italia, la sezione di casa, ma un autentico pezzo di storia alpina e dopo un giorno di attesa, quella che l'accoglie lungo i tre chilometri di corteo è un'autentica esplosione. Complessivamente quasi due ore ininterrotte di ovazioni, ovvero il tempo che gli alpini bergamaschi impiegano a coprire il percorso tra Piazza Sant'Anna e il palazzetto dello sport dal primo all'ultimo. Nemmeno la decisione, presa a sfilata in corso, di accelerare un po' il passo e di aumentare il numero degli alpini per fila riesce a drenare questo fiume in piena: quello orobico è un serpentone con oltre 10 mila penne e per smaltirlo bisognerà attendere le 21.30.
A dire il vero i primi accenni c'erano già stati in mattinata. Nelle primissime battute del corteo ecco infatti i reduci sulle camionette e tra questi i bergamaschi, come il novantenne Ulrico Bonadei originario di Castro, non mancano. È poi la volta dell'ospedale da campo dell'Ana il cui dna è tutto nostrano. Poca cosa rispetto a ciò che deve ancora arrivare, un piccolo anticipo buono a scaldare ancora un po' gli animi semmai ce ne fosse bisogno. La regola dell'adunata, quella secondo cui la sezione di casa chiude sempre il corteo, non ammette eccezioni nemmeno qui nella capitale degli alpini, dove la gente se li porterebbe a sfilare in salotto queste penne nere; così bisogna armarsi di santa pazienza e aspettare. Renato Berbenni di Oltre il Colle, Pierlorenzo Tiraboschi di Zambla e Fausto Lussana di Brusaporto ne hanno evidentemente da vendere: sono loro i primi a presentarsi in via Serassi, dove è previsto l'ammassamento dei bergamaschi. Sono le 8.45 del mattino e la sfilata non è nemmeno cominciata. «Perché sono arrivato così presto? Per essere il primo – dice candidamente Berbenni –. Lo faccio a ogni adunata. Inevitabile provarci anche qui a Bergamo». Passano le ore, il tempo peggiora, l'euforia aumenta e il «plotone» orobico prende forma poco a poco. Sci in spalla ecco gli atleti del gruppo sportivo dell'Ana e tra questi anche autentici pezzi da novanta come il fondista Fabio Pasini (al raduno da tre giorni assieme a papà Alfredo) e lo scialpinista Pietro Lanfranchi; ecco il cappellano della sezione fra Stefano Dubini che scherza assieme al «collega» don Sergio Carrara cappellano della Protezione civile; ecco gli alpini «arancioni», gli uomini dell'antincendio, che stazionano senza battere ciglio sotto la pioggia. Non hanno paura del fuoco, figuriamoci dell'acqua. «An ga sé», «Ci siamo» annuncia alle 8 in punto uno di loro, mentre la fanfara dell'Orobica in congedo intona il trentatré.

 

 

Dietro è un fiume di uomini che sfila col sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi: il presidente della sezione Antonio Sarti, gli altri componenti del consiglio sezionale, il presidente della Provincia Ettore Pirovano con un centinaio di sindaci al seguito e tra questi il primo cittadino di Bergamo Franco Tentorio (assieme al suo vice Gianfranco Ceci) che si sbraccia, saluta tutti e a un certo punto se ne esce con un «incredibile» che dice più ogni altro commento. Incredibile lo è sul serio e più il corteo avanza più l'incredulità aumenta. In viale Papa Giovanni XIII l'effetto è da stadio: un «ber-ga-mo» quasi stereofonico che si alza dalle tribunette e copre anche le fanfare. Arrivi poi sotto il palco e ti prende un groppo alla gola, nel vedere il presidentissimo Nardo Caprioli, su un mezzo in testa alla sfilata, alzarsi con il coraggio di un vecchio leone dalla vettura, e salutare mano tesa sul cappello le autorità.

 

Per fartelo passare non basta nemmeno l'ora che le altre penne nere orobiche impiegheranno a passare da qui. Sono le 21.35 quando Guglielmo Rinaldi della sezione di Bergamo sfila di fronte a piazza Vittorio Veneto. È l'ultimo, ma è come se fosse il primo.
 

Emanuele Falchetti il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

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