Racconto di un alpino friulano. «Problemi al cuore, non sfilo. Ma non potevo mancare»
«Mia moglie non voleva farmi venire, ha paura che mi scoppi il cuore. Ma lei non capisce il valore dell'adunata e quello che conta per me, per tutti gli alpini». A raccontarlo è Mario Bassi, classe 1941, friulano, alpino. La voce è spezzata per l'emozione, lo sguardo è fisso sulla sfilata dei suoi compagni. Bassi è a lato del corteo: ha subìto un intervento cardiaco e un by-pass che gli impedisce di marciare, per non correre rischi. Non potrebbe nemmeno stare in mezzo a tanta calca ad aspettare i suoi fratelli alpini, ma «è più forte di me – dice –, dovevo venire». Originario di Casarsa della Delizia, Pordenone, Bassi parte alpino a vent'anni, nel 1961, battaglione Cividale, divisione Julia. Dopo il militare si trasferisce a Milano, dove vive tutt'oggi, e diventa un dipendente dell'Atm. Ma il cuore resta sempre con gli alpini e soprattutto vicino alla sua terra. E quando il Friuli viene segnato da due delle catastrofi peggiori della storia d'Italia, Bassi non esita un momento e ritorna a portare aiuto alla sua gente. Come quel 9 ottobre del 1963, quando una frana provoca un'onda immensa nella diga del Vajont, che sommerge un paese intero e uccide circa duemila persone. «Ricordo che continuavo a piangere. Piangevo, piangevo, lavoravo e piangevo. Non potevo fare altro: a mani nude scavavo la terra per cercare di salvare qualcuno, ma trovavo solo cadaveri. È stato orribile». La voce è spezzata e le guance sono rigate di lacrime. «Ma gli alpini sono sempre in prima linea, sempre pronti a intervenire. Ci hanno insegnato questi valori e non li dimenticheremo per il resto della nostra vita. Non esiste nessun corpo che ha questo spirito, nessuno». C'erano anche nel '76, quando il Friuli viene devastato dal terremoto. «Il 6 maggio di quell'anno ricordo che ero insieme a mio padre per la vendemmia – continua Bassi –. D'improvviso l'ho visto cadere dal trattore per le forti scosse. Sono rimasto in Friuli per aiutare i terremotati: ricordo la loro sofferenza per le perdite, i morti, per il freddo che pativano. Ho portato io stesso alcuni pullman in disuso a chi aveva perso tutto, almeno potevano scaldarsi e ripararsi dalla pioggia». I racconti di Bassi vengono interrotti dai saluti ai compagni: li conosce tutti Bassi e li incita a marciare anche per lui. Davanti a noi sfilano gli alpini di Udine: il loro striscione porta la scritta «Presenti ovunque occorra». «È proprio così – conferma Bassi – siamo presenti dove c'è più bisogno di noi, in ogni grande tragedia. Oggi, invece, è qui che dovevo essere, a salutare i miei compagni e onorare lo spirito alpino».
L. G. il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo
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