«Illuminate di solidarietà la città» Stampa

Il vescovo Beschi durante la Messa davanti a quattromila persone

 

 

«Gli alpini sono uomini che percorrono le strade che portano verso l'alto... aiutate a costruire una città illuminata da un resistente spirito di solidarietà!». Parole del vescovo Beschi, parole dette ieri pomeriggio al Lazzaretto ai quattromila alpini, con il sole che finalmente decide di uscire dalle nuvole e proietta i suoi raggi come nei disegni del Santissimo. Parole che prendono spunto dalle Letture Sacre, dall'immagine proposta dall'Apocalisse, della città sul monte, la città della pace illuminata «dalla gloria di Dio».
La celebrazione si era aperta con le parole di dolore scritte dalla mamma dei fratelli Calvi (Natale, Attilio, Santino e Giannino), di Piazza Brembana, ufficiali alpini della Prima guerra mondiale, due di loro morti al fronte, uno sulla via del ritorno e un altro gravemente ferito (morirà due anni dopo durante un'arrampicata sull'Adamello). Quindi l'ingresso del labaro dell'Ana e dei sacerdoti in processione, con il vescovo Francesco Beschi, il vicario generale monsignor Davide Pelucchi, i cappellani, il referente della Chiesa bergamasca per l'adunata degli alpini, don Mario Carminati. Ai piedi dell'altare un cuscino di fiori, bianchi, rossi e verdi. Dietro l'altare, il crocifisso. Il vescovo prende la parola: «È una grande gioia per me... saluto tutti voi e in particolare i sacerdoti e diaconi che pregano con me...». Ad ascoltare le parole del vescovo anche le delegazioni delle truppe alpine di Paesi stranieri come la Francia e la Spagna, le autorità cittadine, i parlamentari, le autorità militari con il generale Armando Novelli, comandante delle Forze operative terrestri e il generale Alberto Primicerj, comandante delle truppe alpine.
Il vescovo Francesco ha preso spunto dalla Gerusalemme proposta dalle letture, della Città Santa sul monte. E ha suggerito un pensiero, il pensiero dell'orizzonte che si apre, dello sguardo che dall'alto è capace di superare barriere e confini, quelle barriere che se resti in basso appaiono insormontabili. Salire in alto, salire sulle montagne del pensiero e del cuore, per andare oltre. Bisogna «coltivare questo cuore che sale in alto» ha detto il vescovo agli alpini, che di montagne se ne intendono. E poi ha sottolineato come la città che sta in alto, la città santa richiama la Resurrezione di Cristo «che dona a tutta l'umanità e a tutta la storia la speranza». Ma ci vogliono valori alti per potere salire, per potere edificare la città della pace. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» ha ricordato il vescovo, «ma non la pace del mondo, la pace di Gesù che non è semplicemente lo starsene in pace, ma fare pace con altri e per altri, insieme agli altri». E il vescovo ha affermato di avere riletto le sacre scritture proposte nella Messa «pensando a voi, alla vostra storia, a quello che nel vostro animo abita da sempre... È un appello alla vostra vocazione alla solidarietà che viene declinata come spirito di corpo... Un'appartenenza al corpo che non è settaria, ma che è aperta alla comunità nel suo insieme».
Come questi giorni dimostrano. E il vescovo ha parlato di «spiritualità alpina» citando parole di don Gnocchi, le cui spoglie mortali si trovano in questi giorni nella cattedrale: «Non si può pensare a una religione sentimentale degli alpini, ma a una religiosità con contenuto razionale, parca di gesti e di parole, una fede essenziale». E poi monsignor Beschi ha concluso: «Non abdicate a questa fede essenziale...In questa fede rievochiamo il sacrificio dei Caduti».
La Messa è finita. I cori Ana di Sovere e di Rogno intonano «Signore delle cime». Il sole scende dietro gli archi del Lazzaretto.
 

Paolo Aresi il 09/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 

 
 

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Oggetti Smarriti

Sono stati ritrovati parecchi oggetti smarriti durante l'adunata.

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