Le lettere a L'Eco di Bergamo - «Quella folla ci ha stupiti: grazie Bergamo» Stampa

 

 

 

Da Treviso
la mia gratitudine
per le emozioni

Spettabile redazione,
a proposito di alpini... Grazie Bergamo! Per le emozioni che ci hai trasmesso, per l'organizzazione, per essere così bella, per avere la gente che ha il sangue alpino, per averci permesso di rendere omaggio a don Carlo Gnocchi. Mi si potrà dire che alle nozze c'è sempre qualcuno scontento, ma vivaddio, in queste nozze da 500 mila invitati mi sono trovato benissimo.
Grazie alle persone che ci hanno onorato della loro splendida presenza alpina durante la sfilata. Ho ancora i brividi addosso, le lacrime di gioia, anche se ora sono asciutte, le porterò per sempre nel mio cuore. Grazie ancora Bergamo, sia quella «de sura» che quella «de sota».
Enzo Dal Sie
Gruppo alpini
Ponzano Veneto (Treviso)

Grazie da Verona
Gesti di solidarietà
che vi fanno onore

Spettabile redazione,
con questa mia vorrei ringraziare l'Associazione alpini di Bergamo, tutte le autorità e i dipendenti del Comune di Bergamo, la Protezione civile e quanti si sono adoperati per il perfetto svolgimento del meraviglioso evento dell'adunata nazionale. Inoltre vorrei ringraziare tutta la cittadinanza per la simpatica accoglienza.
Vi vorrei raccontare un fatto di solidarietà che fa onore alla vostra cittadinanza. Finita la sfilata, io e un mio amico sempre alpino dovevamo recarci al posto di ritrovo per il ritorno a casa, eravamo a piedi e sotto una pioggia insistente e a un certo momento ci siamo accorti, dopo diversi chilometri percorsi, di aver sbagliato strada. Bagnati fradici ci siamo riparati sotto la pensilina di un distributore di benzina dove abbiamo incontrato un giovane dell'età di circa 35 anni del posto e gli abbiamo chiesto se per piacere ci poteva fornire il numero telefonico di un taxi. Questo signore, senza esitare un momento, si è detto disponibile ad accompagnarci con la sua macchina privata. Immaginatevi il giro di strade che ha dovuto fare per aggirare tutto il traffico cittadino.
Arrivati sul posto di ritrovo abbiamo chiesto se dovevamo pagargli il disturbo. La risposta è stata: «Per me è stato un onore accompagnarvi». Grazie Bergamo, grazie di tutto cuore.
Claudio Mascanzoni
artigliere alpino
vicepresidente Gruppo alpini
di S. Pietro in Cariano (Verona)
classe 1945

Quanto entusiasmo
Avrei voluto
sfilare due volte

Spettabile redazione,
partecipo all'adunata nazionale alpini dal 1968 a Roma e desidero integrare la bellissima lettera di Sara (ringraziandola per questo) pubblicata martedì 11 maggio scorso con alcune riflessioni. Da mercoledì 5 maggio sera ho frequentato il centro città e mi ha molto colpito la gioventù (soprattutto ragazze) perché dimostrava di non credere ai propri occhi. Finalmente visi sorridenti e felici ovunque. Sara ha descritto esattamente i particolari. Nelle altre adunate ci sono sempre stati problemi di traffico in particolare al sabato. A Bergamo nonostante presenze da record si è circolato abbastanza bene ed il ringraziamento va a molti.
Domenica sera 9 maggio avvicinandosi all'ammassamento (ore 17,30 circa) mentre pioveva sentivo vari commenti del tipo: con questa pioggia quando sfila Bergamo molti avranno abbandonato il percorso, ecc. (tutto poi smentito dai fatti). Fino alle 20,15 quando finalmente si è mossa Bergamo non ho mai sentito parlare di Atalanta pur essendo in mezzo a circa 10 mila alpini bergamaschi. Dai vari cellulari si apprendeva che molti parenti (e non!) attendevano da Bergamo Tv indicazioni su quando muoversi da casa per andare sul percorso ad assistere alla sfilata a causa della pioggia che non cessava.
Da piazza S. Anna è iniziato un percorso incredibilmente emozionante. I terrazzi e balconi erano uno sventolio continuo di Tricolori. L'enorme folla dietro le transenne applaudiva continuamente chiedendo Bèrghem con due battimani e poi cantare «Bergamo, Bergamo noi cantiamo tutti insieme Bergamo». Praticamente ogni 20 metri eravamo «costretti» (naturalmente con reciproco piacere) ad applaudire e cantare.
Entrando in viale Papa Giovanni l'entusiasmo dei bergamaschi sulle tribune era incontenibile e ha raggiunto il massimo livello all'altezza della chiesa delle Grazie con l'aggiunta del suono delle campane a festa. In via Verdi uno sventolio unico di Tricolori in particolare ai piani alti dei vari palazzi ai quali gli alpini rispondevano alzando le braccia in segno di ringraziamento e gratitudine. Era ormai buio ed il primo settore di sfilamento ha atteso il termine della sfilata per ripercorrere in senso inverso il tratto Porta Nuova-piazzale Alpini per la cerimonia dell'ammainabandiera terminata alle ore 22. Se fosse stato possibile avrei ripercorso per la seconda volta la sfilata in mezzo ai tantissimi bergamaschi presenti che hanno atteso per tutto il giorno l'arrivo dei sei settori di cui si compone Bergamo alpina.
In ultima analisi ho notato in questi giorni di adunata un continuo «spuntare» di alpini che fino ad oggi hanno tenuto il cappello nascosto negli armadi di casa da 30, 40 ed anche 50 anni e non hanno mai partecipato ad alcuna manifestazione alpina o al massimo un paio di volte. L'adunata di Bergamo ha dato loro la sveglia indicando loro la strada per Torino 2011 in occasione del 150° dell'Unità d'Italia.
Un artigliere alpino

Qui dal Brasile
purtroppo ho visto
strade dissestate

Spettabile redazione,
sono un bergamasco nato in Città Alta il 28 febbraio 1950 e da 15 anni residente a Curno.
Per motivi di lavoro mi trovo in Brasile dove domenica 9 maggio, su Rai International, ho gustato la sfilata degli alpini nella nostra città. Per noi che lavoriamo all'estero è motivo di orgoglio vedere la nostra città e farla vedere ai nostri amici brasiliani, decantandone i pregi (ordine, pulizia senso civico, cura del bene comune ecc). Ma domenica sono rimasto deluso dalle immagini che hanno fatto vedere il tratto di strada che divide il Sentierone in condizioni con asfalto pessimo. Certo questo mi ha lasciato sorpreso e non ho avuto giustificazioni verso i miei amici brasiliani che con me assistevano alla sfilata.
Adesso mi chiedo indignato: ma l'Amministrazione comunale non ha pensato che queste immagini hanno fatto il giro del mondo, mettendo in imbarazzo chi come me ha sempre tenuto alto con orgoglio il nome della città? Sono rimasto molto deluso della brutta immagine che il Comune ha voluto dare, in giro per il mondo, ad una delle più belle città che abbiamo nel nostro Paese, Bergamo, di cui io vado fiero. Un libero sfogo da chi come me, ama Bergamo
Giordano Rinaldi

Disagi per la festa?
Ma preoccupiamoci
di altri problemi

Di seguito la replica a una lettera pubblicata nell'edizione di domenica riguardo ai disagi ai cittadini.
Cara signora,
sono una mamma di 48 anni con un figlio portatore di handicap e vorrei risponderle su quanto ha scritto riguardo alla festa degli alpini.
Lei lamenta che la sua famiglia per ben 3 notti non ha potuto riposare e me ne dispiaccio ma anche io alla mattina alle 6 mi alzo per andare a lavorare e sono ancora viva e vegeta nonostante un po' di schiamazzi, e poi che cosa sono 3 notti al confronto di tutte quelle in cui non si può dormire perché ubriachi di ogni nazionalità escono dai locali urlando e facendo rombare i motori di auto e moto... Se vi dava così tanto fastidio il rumore potevate fornirvi di tappi antirumore che si vendono in farmacia e di un po' di tolleranza. Lamenta poi di essersi sentita offesa dagli apprezzamenti degli alpini in strada: non si senta offesa perché sono sicuramente apprezzamenti fatti in maniera goliardica anche se da persone che potevano aver esagerato un attimo con il vino, diffidi piuttosto degli apprezzamenti di persone che ci circondano ogni giorno e che alpini non sono...
In quanto alle regole della strada non rispettate, non sia ridicola: i mezzi che giravano andavano alla folle velocità di 3 km orari. Se vuole vedere un bel po' di infrazioni anche molto pericolose (prima o poi ci scappa qualcosa di grave) vada a farsi un giro davanti alle scuole superiori in via Gavazzeni alle 13,30 quando escono gli studenti e poi mi saprà dire.
Per quanto riguarda la paura le dico sinceramente che non mi sono mai sentita così sicura e tranquilla a camminare in mezzo a una tale folla, sono certa che se una persona avesse avuto bisogno di aiuto in molti sarebbero accorsi, ho molta più paura a camminare davanti agli Ospedali Riuniti dove sappiamo bene girano parecchi posteggiatori abusivi che tormentano in particolare le donne. Forse dovrebbe andare a documentarsi bene su chi sono gli alpini, che cosa rappresentano per il popolo Italiano, cosa hanno fatto per tutti noi.
Un'ultima cosa: c'è molto più da preoccuparsi di quei ragazzotti che con i vestiti firmati e l'aria strafottente in questi giorni (e non solo) non hanno fatto altro che ubriacarsi, vomitare e rompere bottiglie sui gradini dei propilei e sotto alle tribune, cercando con cori offensivi di attaccare bega proprio con gli alpini. Preoccupiamoci dell'indifferenza che ogni giorno ci circonda proprio quando camminiamo per strada.
Lei per caso ha mai letto sul giornale di un gruppo di alpini che ha violentato una ragazza? O che ha dato fuoco a un barbone? O che ha rotto le vetrate dei negozi? O che tirano le pietre dai cavalcavia? Non credo, per cui forse è meglio guardarsi intorno per bene e vedere che i veri teppisti sono altri. Sono quelli che a 15 anni sono già annoiati da tutto e non avranno la fortuna di diventare uomini con gli insegnamenti degli alpini, perché non andranno a fare i militari... stanno troppo comodi, travestiti da persone per bene nei loro vestiti firmati e nelle loro case da ricchi.
La saluto cordialmente e stia tranquilla che per almeno una ventina di anni lei e la sua famiglia non sarete più disturbati dai rumorosi alpini.
Patrizia

Tutti quei rifiuti
un segnale
di poco rispetto

Spettabile redazione,
domenica scorsa mi sono goduto su Bergamo Tv buona parte della diretta sulla sfilata degli alpini, commuovendomi a tratti per la coesione e l'unità di intenti di tutti i partecipanti e della gente assiepata dovunque.
Qualcuno potrà senz'altro trovare retorici certi valori, ma credo sia fuor di dubbio che mettere insieme 500.000 persone in nome dell'appartenenza ad una patria e ad un corpo tradizionalmente fedele allo spirito di servizio ed alla solidarietà non sia cosa di tutti i giorni.
Leggendo però «L'Eco» ho visto le fotografie del dopo ed il contrasto tra la pulizia delle strade dove hanno marciato gli alpini e la sporcizia lasciata nello spazio occupato dal pubblico. È un vero peccato constatare che possiamo essere uniti e felici in nome di ideali e valori, ma se ci chiedono pure allo stesso tempo di rispettare l'ambiente ed il lavoro altrui non ce la facciamo proprio. La stessa cosa avviene allo stadio, ai concerti, nei palazzetti dello sport e ovunque si concentri un buon numero di persone che dovrebbero pure essere lì in nome di valori positivi come la buona musica o lo spettacolo sportivo (sorvoliamo per ora sui valori del tifo ultrà...). Ci chiedano pure di partecipare, di piangere, di ridere, di commuoverci, di tifare, ma pure di avere rispetto della natura e del mondo in cui viviamo... no quello è veramente troppo per la nostra educazione!
Tino Piccinali
Parre

Mi mancano tanto
i «veci» reduci
dell'assurda guerra

Io non sono un «vecio» pur avendo superato i settant'anni perché non sono stato un alpino, sebbene io abbia fatto la naia con loro, nelle loro stesse caserme di Cuneo e di Udine, ma con la qualifica di carrista, e siccome conducevo jeep e cingolati non ho avuto il cappello con la piuma, ma solo un basco con lo stemma di un carroarmato.
Per me i 18 mesi di naia, non essendoci fortunatamente delle guerre, sono stati un periodo duro, ma gioioso e spensierato, anche con gli scherzi degli alpinacci. Per mia scelta e passione poi, al contrario della mia professione, ho vissuto gran parte della vita fra muli, asini e montanari, sulle loro vette e sugli aspri sentieri.
I miei zii, provenienti da famiglie numerose, sono stati tutti alpini, mandati in Germania ed in Russia per difendere una patria allo sbando, ma non tutti son tornati perché fatti prigionieri ed eliminati nei lager. Uno di loro, che è tornato malconcio da Nikolajewka, e che poi si è formato una famiglia, mi è sempre stato particolarmente amico e molto vicino; scherzando mi ha preso come suo attendente fisso, anche perché ero poco astemio. Con lui, prima che venisse a mancare, ancor giovane, ho partecipato a tante adunate ed ho vissuto con lui ed i suoi commilitoni momenti indimenticabili ed emozionanti.
Ho letto con le lacrime agli occhi le loro storie, ho partecipato e collaborato sempre con entusiasmo alle loro iniziative di solidarietà ed ho avuto l'onore di essere spesso invitato ai loro simposium, e non mi fecero mai sentire un estraneo od un diverso, ma anzi mi volevano volentieri con loro. A volte, in certe occasioni speciali loro stessi han voluto che anch'io portassi il cappello con la piuma e ne ero fiero senza sentirmi un imboscato.
Pochi giorni fa, su una montagna del mio paese, sono andato al funerale penso dell'ultimo di questa combriccola di grandi reduci: aveva 86 anni ed era ancora una grinta. Mi mancano immensamente questi grandi «veci» reduci da una guerra assurda e mi sento orfano e solo, perché loro mi avevano adottato e mi hanno trasmesso i loro valori e la loro amicizia sincera. Spero tanto che i nuovi «bocia», anche quelli senza naia, non dimentichino mai queste grandi figure e come dice il loro grandissimo capo Leonardo Caprioli: «Facciamo del bene ai vivi per ricordare i nostri morti». Con l'adunata di Bergamo hanno fatto un gran figurone e mi complimento con loro. W gli alpini per sempre.
Pietro Tòcio

Bergamo, sconfitta
la reputazione
di città chiusa

Gentile direttore,
ho partecipato, mi sono divertito, mi sono commosso, ho ritrovato l'orgoglio di essere italiano a Bergamo. Bergamo ha saputo energicamente scrollarsi di dosso una certa reputazione di chiusura mentale.
Stupendi alpini, gente semplice, essenziale – forse un po' ruvida – ma orgogliosa, fiera, ostinata, capace e generosa. Mai viste tante persone tutte insieme così festosamente amalgamate. Mi sono mischiato a voi (col mio basco nero da lanciere), vi ho visto sfilare ed ostentare col petto gonfio di orgoglio le vostre penne. Mi sarebbe piaciuto essere stato alpino. E fra i mille pensieri stimolati dall'evento mi son trovato a pensare che questa gente semplice e concreta di montagna, di valle e di pianura avrebbe rappresentato il popolo ideale per la bandiera della Lega.
Dialetti d'ogni sorta, un po' di ruspanteria, qualche sgrammaticatura, determinazione da vendere. Ma guardando il volto di questa gente e l'orgogliosa fierezza nel portare la bandiera, quella vera, il tricolore, ho avuto la certezza che questi 500 mila alpini rappresentassero il prototipo di ben altri valori. Forse per questo non si sono viste autorità leghiste – a Bergamo! – sul palco a rendere omaggio agli alpini.
Questi alpini sono l'Italia che ogni giorno, con grande dignità, si alza e combatte, scala montagne e attraversa steppe. E ancora mi sono trovato a pensare che forse un giorno si sono trovati, loro malgrado, a combattere una guerra sbagliata, invasori in un paese straniero. Quanto devono avere sofferto nella carne ma soprattutto nel cuore questi nostri nonni e genitori. In tanti sono tornati per riscattare la patria, liberarla, riunirla e farla più grande e più giusta. Ora abbiamo più che mai bisogno di loro per mantenerla unita e farla più onesta. Che Dio ci conservi gli alpini! Questo ho pensato e mi sono sentito in dovere di esprimerle.
Rino Iaconetti

Per dover di cronaca, caro lettore, dobbiamo però precisare che di autorità leghiste, sul palco, se ne son viste diverse: alcuni parlamentari, consiglieri regionali e comunali nonchè il presidente della Provincia.

Se il mio vicino
si sente offeso
dal tricolore

Gentile redazione,
si è molto parlato in questi giorni dell'adunata degli alpini che ha interessato la nostra città. A questo proposito volevo portare la mia personale esperienza.
Giovedì 6 maggio, con l'aiuto del mio bambino, decidevo di appendere al cancello pedonale del condominio il tricolore. Alla sera del venerdì, un vicino si presentava alla mia porta, chiedendo se ero stato io ad appendere quella bandiera, visto che aveva chiesto a tutti i condomini ed ero l'ultimo rimasto. Tranquillamente ammettevo di essere io il responsabile; a questo punto, il vicino, con voce tremante di rabbia, mi comunicava che quell'esposizione era un insulto nei suoi confronti, dal momento che la sua famiglia è seguace dei testimoni di Geova e non accetta celebrazioni nei confronti degli alpini, in quanto corpo dell'esercito.
A queste assurde parole, ribadivo che tutte le celebrazioni erano rivolte ai valori che contraddistinguono gli alpini, tra cui, solo per citare le più evidenti, la solidarietà e l'altruismo. Il mio vicino rimaneva sulle sue posizioni, chiedendo il rispetto delle sue credenze religiose e ricordandomi che quello era, in effetti, un cancello condominiale. A questo punto, non avendo voglia di indire un'assemblea condominiale, preferivo spostare il vessillo oggetto dello scandalo, in una posizione meno evidente, ma almeno nella mia proprietà.
Se il mio illuminato vicino si troverà mai coinvolto in una calamità naturale o avesse avuto la sventura di trovarsi all'Aquila durante il terremoto, alla vista dei soccorritori, chiederà, prima di accettare l'aiuto, documento di identità e corpo di appartenenza? Preferendo, magari, rimanere intrappolato in un edificio pericolante piuttosto che accettare di essere salvato da quello che per lui è solo un esercito?
R. G.

Al grande Caprioli
e a tutti i reduci
dedico una poesia

Gentile redazione,
dopo la conclusione di questa sconvolgente e mirabolante adunata degli alpini a Bergamo, ciò che non dimenticherò è la velata, leggera e fragile figura dei reduci, colorati di beige, del colore delle pagine dei libri antichi e preziosi, evanescenti come sabbia in una clessidra.
In particolare non dimenticherò il presidente Leonardo Caprioli mentre si ergeva sulla jeep e si portava la mano alla fronte per il saluto militare. Ancora e sempre ancorato a un gesto di rispetto e umiltà. Quell'uomo, a cui di diritto spettava ogni riconoscimento e tributo, ancora si inchinava, non ritenendosi al di sopra degli altri. Ho subito pensato ad un altro uomo di quello stampo, Papa Giovanni Paolo II, davanti alle oceaniche folle, a Tor Vergata con i suoi giovani, al davanzale della sua sofferenza, sempre aggrappato al mondo, alla sua gente.
Al presidente Leonardo Caprioli vorrei dedicare la seguente poesia («Scarponi e gavette sulla strada del passo») e con lui a tutti coloro che sono ritornati portando nel respiro e nel cuore, come un gemello mai nato, il respiro e il cuore dei tanti amici lasciati nel vento della steppa. Non dimentichiamoli.
Aurora Cantini

Son tornati, i nostri padri,
dalle fredde steppe del nord
portando con sé
il gelo del giorno che muore
e il sogno infranto di occhi ormai spenti.
Son tornati caricando a braccia le ultime gavette e gli scarponi incrostati dalle lacrime fattasi ghiaccio sul tratturo ai lati della pista.
Son tornati cullando tra le pieghe del pastrano le lettere scritte di coloro che hanno affidato l'anima e la croce a chi potesse valicare il passo.
Soldati divisi a metà
spezzati sullo scudo caduto
esposti come foglie
al ghermire dell'autunno.
A volte una tremula mano
accarezza lieve il vento
e poi sale a lambire gli occhi.
Non sono mai
veramente tornati da noi.


14/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 
 

Ultime Notizie

Oggetti Smarriti

Sono stati ritrovati parecchi oggetti smarriti durante l'adunata.

Contattare il Comitato Organizzatore per informazioni.