Il coraggio di (ri)tornare a vivere Stampa
Ciao a tutti, il primo impegno  di un buon alpino è la partecipazione all'Adunata Nazionale. Assieme ad alcuni amici ciclisti venerdì 7 maggio ci siamo quindi mossi alla volta di Bergamo, quando ad un tratto un solitario ciclista alpino, in sella ad un curioso mezzo fatto in casa, attirò la nostra attenzione: al punto da fermarlo per conoscerlo più da vicino. Grande fu la nostra sorpresa quando vedemmo che era un ragazzo con molte forme di invalidità: gli chiedemmo allora cosa gli fosse successo e come mai era ridotto così. Con tono pacato ma senza ombra di rassegnazione, ci spiegò che era stato vittima, nel 2009, di un frontale con un'auto di ubriachi che proveniva in senso opposto e che aveva invaso la sua corsia di marcia. Lui era in moto e potete immaginare cosa fu lo scontro: fu calcolato che l'auto andasse circa a 100 km/h. In un attimo perse: la gamba destra, un occhio, un orecchio, e centinaia di punti di sutura in tutto il corpo gli valsero 6 mesi di ospedale e continui interventi di ricostruzione e protesi ( ma la gamba no). Ci disse che aveva 36 anni, quindi a 23 ebbe la disgrazia, veniva da solo da Buia ( Udine ) ed era diretto a Bergamo dove  l'aspettavano gli amici del suo gruppo: il suo bagaglio era uno zainetto dell'esercito sulla schiena, il cappello alpino e unica concessione alla tecnologia, un navigatore montato sul manubrio; attaccata alla bici un carrettino su cui aveva sistemato la sua carrozzella di invalido. Accettò da noi solo una banana e, dopo aver fatto delle foto con noi, ripartì, un pò stanco ma  sereno e intenzionato a raggiungere l'adunata, pedalando con la sola gamba sinistra.
Questo incontro mi ha fatto riflettere, perchè quando tocchi con mano certe situazioni tutto è terribilmente reale, in diretta. Quante volte, per una piccola contrarietà, ci arrabbiamo e litighiamo con qualcuno, quante volte si vorrebbe più di quel che si ha e non si è mai contenti? E' normale nell'essere umano, si può obiettare, contenti della nostra "normalità". Ma quell'alpino ci insegna che la vita è ben altra cosa, e la normalità è trovare sempre, e sopratutto, la motivazione per andare avanti, e superare le difficoltà che, in questo caso sono durissime. Ve lo dico sinceramente: non ho visto tristezza nello sguardo di quel ragazzo, ma solo determinazione, nella consapevolezza che nulla sarà più come prima ma che la sua vita futura avrà dei motivi validi per essere comunque vissuta fino in fondo; salutandolo e facendogli gli auguri, l'emozione mi bloccava le tante cose che avrei voluto dirgli ma che si possono riassumere in questa frase: viva la vita e viva gli alpini!!!!
Marchioro Guido
 
 

Ultime Notizie

VIDEO ADUNATA

i video che ci hanno inviato...

Leggi tutto...