L'alzabandiera - Sale il Tricolore, il cielo gli rende omaggio Stampa

Uno squarcio di sole saluta la cerimonia, tra la gioia di ritrovarsi e l'emozione dell'Inno.

 

 

Il Tricolore sale verso il cielo grigio ancora pesante di pioggia – nonostante in questi giorni non gli siano mancate le occasioni per sfogarsi – e il cielo grigio si apre a rendergli omaggio, lasciando passare uno squarcio di sole che illumina e riscalda il primo atto ufficiale dell'adunata e il successivo corteo alla Torre dei Caduti. Roba di pochi minuti, sufficienti però a salvare la coreografia dell'alzabandiera, prima che il cielo torni a chiudersi quasi volesse far risaltare, con il suo grigiore, la massa colorata degli alpini.

 

 

Il Tricolore sale verso il cielo ed è un sipario che si alza sul grande spettacolo dell'adunata. Una fiaccola olimpica che accende una maratona gioiosa di abbracci per amicizie ritrovate e strette di mano per amicizie che stanno per nascere. Occhi gonfi di sonno, tra chi si è alzato presto per arrivare da chissà dove e chi ha dormito poco perché la grande festa per lui è cominciata in anticipo. Li riconosci, quest'ultimi, dalle guance un po' più rosse, vuoi per il freddo della notte – che poi vallo a spiegare tu, a uno che ha fatto la guardia a San Candido, che questo è freddo – vuoi per quelli che sono i tradizionali rimedi alpini quando si tratta di combattere il freddo.

 


Occhi gonfi di sonno, ma anche di emozione, quando la fanfara della Brigata Julia libera le note del «Trentatrè» e dell'Inno di Mameli. Un'emozione dalla quale qualcuno debole di cuore teme brutti scherzi, al punto che ha aspettato di avere i capelli bianchi per vivere la sua prima adunata: «Sono troppo emotivo, finora ho sempre preferito rinunciare. Ma questa volta, a casa nostra, non potevo mancare». «Bella vero? E vedrai stasera!» gli fa coraggio – in un curioso scambio di ruoli fra «vecio» e «bocia» – un giovanotto grande e grosso che di adunate – raccontano le spillette sul cappello – ne ha già fatte parecchie.
«Stasera» è la parola d'ordine, prima e dopo le emozioni forti dell'alzabandiera, in un fiorire di appuntamenti accompagnati da improbabili riferimenti sull'ubicazione delle tende. Ma poi che importa, soli non si resta di certo. E se non ci si vede stavolta, sarà per l'anno prossimo a Torino. Qualcuno invece gli improbabili riferimenti ce li mette di proposito, a mo' di battuta: «Scusate, ho perso di vista un amico, qualcuno per caso l'ha visto? Aveva in testa un cappello da alpino...». Battuta fino a un certo punto, perché poi quelli che sono qui sotto un cappello da alpino in effetti sono davvero tutti amici, che abbinino la penna nera alla fascia tricolore (numerosissimi i sindaci-alpini della Bergamasca presenti in veste ufficiale), a giacca blu e cravatta o al camicione di flanella a quadri tipico di chi arriva dai monti.
Qualcuno che a Bergamo non era mai stato resta a bocca aperta davanti al monumento all'Alpino restaurato di fresco, qualcun altro che a Bergamo era stato in giornate «normali» resta a bocca aperta davanti a certi prezzi. A bocca aperta ci restano poi tutti, per cantare, quando insieme al Tricolore si alzano le note dell'Inno di Mameli. E a quel punto si alzano spontanee – dal mare di penne nere increspato da onde che sono fremiti d'emozione – anche le parole di un testo che altre Italie hanno riscoperto solo di recente, pungolate dal Presidente Ciampi e dalla Nazionale campione del mondo. Ma che questa Italia, quella degli alpini, porta da sempre scolpite nel cuore.
Un'Italia che non s'è desta, per il semplice fatto che non s'è mai sopita. Anche se per cingersi la testa ha preferito, all'elmo di Scipio, un cappello dalla penna nera.
 

Piero Vailati il 08/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 
 

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Oggetti Smarriti

Sono stati ritrovati parecchi oggetti smarriti durante l'adunata.

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