Un fumetto ripercorre i fatti di Nikolajewka Stampa

Sette tavole del maestro Dino Battaglia. Le ripubblica la bergamasca «Arcadia»

 

 

«Nikolajewka», alla tedesca. È citata ancora oggi così la città dove il 26 gennaio 1943 gli alpini ruppero la «sacca» in cui l'Armata Rossa sovietica li aveva intrappolati. E così Dino Battaglia intitolò la sua storia a fumetti, sette tavole in tutto, dedicata alla ritirata degli alpini nel settore sud del fronte russo. La pubblicò il «Corriere dei ragazzi» nei primi anni '70 e poi nel '75 la Fabbri, nel volume «Uomini in guerra».
Ora questo gioiello minore del maestro veneziano, uno dei grandi autori del fumetto europeo, torna in libreria: un piccolo albo che le bergamasche Edizioni Arcadia licenziano proprio per l'adunata degli alpini.
Il volumetto giunge tempestivo. Come lo è la presentazione di Leonardo Caprioli, uno dei testimoni di Nikolajewka, bergamasco, 90 anni, storico presidente dell'Associazione nazionale alpini, e del critico Gianni Brunoro. È una bella occasione, per chi ama il fumetto e per chi, semplicemente, vuole conoscere un episodio della storia nazionale.
Nikolajewka (nella traslitterazione tedesca) o meglio Nikolaevka (alla russa), oggi incorporata nel municipio di Livenka, rimarrà sempre nella memoria degli alpini vecchi o giovani, e magari (auspicabilmente) di chi sappia un minimo di storia italiana. Fu una battaglia disperata, in cui si gettarono gli alpini (soprattutto della Tridentina, l'unica divisione ancora in grado di combattere) con l'appoggio di pochi gruppi tedeschi e di un pugno di disperati italiani e ungheresi, che ancora avevano la forza di reggersi in piedi.
La ritirata in Russia ha avuto molti cantori, narratori come Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi, Nuto Revelli. Asciutti, senza un filo di retorica, con quel palpito di rabbia e dolore che chiude per sempre ogni discorso sulla guerra, se solo si sa e si vuole ascoltare. Ma in questo elenco non sfigura Battaglia. La concentrazione drammatica del suo breve racconto è emozionante. Come il suo tratto nervoso, che rende la disperazione al pari della forza di chi ebbe l'animo di buttarsi ancora una volta contro il nemico. O come il chiaroscuro: Battaglia ne ha fatto un uso magistrale in decine di storie gotiche o «nere», ma qui lo piega mirabilmente ad effetti espressivi.
Le gesta degli alpini, e di comandanti come i generali Gabriele Nasci, Luigi Reverberi (che trascinò letteralmente i suoi all'ultimo assalto, a bordo dell'ultimo cingolato tedesco rimasto) e Giulio Martinat (che morì guidando l'assalto di ciò che restava del battaglione Edolo), ne escono come scolpite. Sono fantasmi, che paiono saltar fuori dal buio e dalle tempeste dell'inverno russo. E sono uomini, devastati dal gelo e dalla stanchezza, che ancora stringono i denti e si buttano avanti. Il bianco-nero di questa edizione è perfetto, da questo punto di vista.
In questo «Nikolajewka» non c'è, non ci può essere, esaltazione bellica o retorica patriottarda. Queste, del resto, sono cose che si addicono ai pescecani di guerra, non agli alpini. Ma c'è il vero senso patrio: l'appartenenza a una comune umanità, la sofferenza inaudita di chi fu mandato alla distruzione, il coraggio di chi non usò i propri gradi per nascondersi ma, al contrario, ne trasse un più alto senso di responsabilità. «Che soldati sono quelli?», chiede nelle ultime vignette il comandante russo, sconfitto. «Alpini!», è la risposta. Pronta la conclusione, ammirata: «Alpini... Un saluto a questi alpini». Non serve altro.
Questo albo speciale va ad impreziosire il catalogo dell'Arcadia di Mario Taccolini, classico editore-libraio (il negozio è in via Taramelli 40) che in tre anni ha già in scuderia autori come Maurizio Rosenzweig, Giuseppe Di Bernardo, Roberto Recchioni, Walter Venturi, Giuseppe Ferrandino, Bruno Brindisi, più «firme» ancora più giovani come Francesca Da Sacco e Susanna Raule. Ora c'è anche un maestro come Battaglia, scomparso a 60 anni nel 1983: ben fatto.
 

Pier Giorgio Nosari il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 

 
 

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