I nuovi bocia: «È una vita bellissima» Stampa

Cresciuti con i valori di padri e nonni alpini, si sono arruolati volontariamente

 

 

Dicono che un po' è la famiglia. Perché quando cresci e in casa hai un nonno, o un papà, o un fratello che ti racconta quanto orgoglio dà essere un alpino, allora inizi a immaginartelo da piccolo.
Matteo ci pensa un po' su: «Quando ho deciso che sarei entrato nell'esercito? Non lo so. Da sempre credo». I numeri raccontano che i «bòcia» quasi non esistono più. Loro sono qui e dicono: «È una cosa bellissima, ragazzi, ne vale la pena». Ragazzi, e anche ragazze. Sono i nuovi alpini, quelli che di fare questa vita hanno scelto, mica gli è capitato. Militano nella «Julia», si godono l'adunata nella loro città. «Io ho firmato, mi sono arruolato volontariamente. Era il 2001. Una settimana dopo avrei dovuto partire per la naja, ma già avevo deciso che la mia vita era entrare nell'esercito, negli alpini, quindi ho scelto la firma, per un anno». Un anno, poi un altro. Sono diventati (per ora) nove.
Matteo Morlacchi, di Stezzano, ha 28 anni e si è arruolato quando la leva ancora c'era. È primo caporalmaggiore del settimo reggimento alpini Julia. Si è fatto l'Afghanistan, la Bosnia. È uno dei giovani che rappresentano il futuro e il presente del Corpo e dice che questa adunata gli dà i brividi. «È emozionante, la più bella di tutte. Perché siamo a Bergamo, siamo a casa. E perché tanta gente come qui non l'ho mai vista prima». Matteo è nella compagnia fucilieri, studiava all'istituto Pesenti di Bergamo, poi ha deciso che sarebbe partito: «In casa ho vissuto respirando racconti di vita alpina. Sono stati i nonni a farmi avvicinare a questo mondo, mi ha sempre affascinato». Dice che questa scelta la farebbe un milione di volte. «È una vita che deve piacere», aggiunge. E Jean Carlos, accanto a lui, annuisce: «È una scelta che ti forma per la vita». Origini brasiliane, famiglia bergamaschissima, Jean Carlos Pacati è di Mozzo. Ha 23 anni e sta negli alpini già da cinque, con la ferma prefissata. È caporalmaggiore negli alpieri, fucilieri specializzati anche in attività sulla roccia e sulla neve. Anche lui è stato in Afghanistan. Dopo aver finito l'istituto agrario, è partito: il suo obiettivo è proseguire con questa carriera, «perché richiede sacrifici ma ti dà anche delle soddisfazioni enormi». Chi non è arruolato, ma vorrebbe tanto esserlo, è Elisa Colombaro: viene da Novara e ieri a Bergamo ha sfilato nelle prime postazioni del corteo, insieme ai ragazzi e alle ragazze che hanno vissuto l'esperienza della «mini naja», lanciata dal ministero. Studentessa in giurisprudenza, ha 24 anni e pochi dubbi: «Io voglio fare questa vita». Dice che inizialmente aveva tentato il concorso per l'accademia dei carabinieri, «ma per le donne ai tempi c'erano solo quattro posti». Ora studia, poi punta all'esercito. Perché? «Per i valori. Oggi per noi ragazzi sembra così difficile trovarli. Con gli alpini invece, condivisione e solidarietà li respiri davvero».
 

A. G. il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 

 
 

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