Gli alpini residenti all'estero aprono la sfilata. Gruppi da tutto il mondo. In testa Istria e Dalmazia: nati ai confini, sappiamo cosa vuol dire «patria»
La sfilata dei gruppi esteri (foto Frau)
È presto e c'è ancora poca gente per strada, quando gli alpini residenti in Paesi stranieri si ammassano in via Ghislandi. Apriranno la sfilata, dietro le bandiere militari.
I primi sono gli alpini di Zara, Fiume, Pola. Il loro striscione dice: «Gli alpini dell'Istria, della Dalmazia, del Quarnaro vivi e morti sono qui». Ci sono gli zaratini Matteo a Aldo Duiella, padre e figlio. Matteo ha 89 anni, sta pensando se questa volta sfilerà o accetterà la jeep riservata ai reduci. A 17 anni da Zara è partito volontario negli alpini. Dalla Val Maira a Belluno all'Albania e al Montenegro, portando a casa la pelle solo per essere spedito su e giù per l'Italia. Fino all'8 settembre. Matteo è a La Spezia: «Le cose erano quel che erano, son riuscito a tornare a Zara e mi sono messo con i partigiani di Tito. Nell'ottobre del '45 son tornato a casa, solo per andarmene da profugo. A Brescia ho ricominciato. Ci ha sempre sostenuto un grande sentimento di amor di patria, bisogna nascere ai confini per capire cos'è questa esigenza di patria, che viene subito dopo il sentimento religioso. Non c'è niente da fare». E decide di sfilare, almeno fino alle tribune. Il figlio Aldo, alpino della Cadore, lo guarda tra l'ammirato e il preoccupato.
Dall'Australia è arrivato il reduce del Quinto, classe 1916, Bortolo Benzoni di San Lorenzo di Rovetta. Ha combattuto in Francia, Albania, Grecia; prigioniero degli inglesi è stato spedito a coltivare i campi australiani via Egitto. Dopo la guerra il suo ex padrone l'ha cercato e gli ha offerto un vero posto di lavoro. Bortolo è ripartito: «E sono ancora là. Questa è la mia dodicesima adunata... sarà l'ultima!». «L'ha detto anche nell'86» commenta il genero, Adriano Filisetti, alpino di Fino del Monte. Si son trovati dopo 38 anni Giuseppe Questini di Sidney, coordinatore delle sezioni all'estero, e Paolo Marcolongo da Posa (Vicenza). Il «vècio» e il «tubo». Il merito è del «tubo» Paolo, che voleva vedere che faccia aveva l'amico. «A furia di telefonate, l'ho scovato. La faccia più o meno è quella, la pancia no». Tra i ricordi del «vècio», epiche ronde a caccia più di «ombre» che di colleghi, fughe a mangiare il coniglio dell'Altopiano, migliore di quelli australiani. Del resto, a ottobre, ricorda il presidente degli alpini di Melbourne, Aldo Zanatta da Treviso, si terrà l'adunata degli alpini australiani, un'occasione per assaggiare di persona. Nato in Australia, ma figlio di alpini di Asiago è Antonio Lunaldi, che sfila oggi per scoprire le sue radici: «È bello essere qui con voi!».
Dal Canada arriva Antonio Pigat, a Toronto da 44 anni, alpino della Julia . Dal '92 si fa tutte le adunate. Una sì e una no invece Silvano Pascolini di Hamilton. «Un'adunata magnifica, ma lo diciamo sempre perché ogni volta è diversa. Gli alpini sono una zanzara: se ti pizzica, resta nel sangue». E chi è sui laghi canadesi da decenni, di zanzare se ne intende.
Da New York è arrivato Mariano Tomasi, bergamasco da 17 anni trasferito negli Stati Uniti con la moglie americana e i figli. Il presidente Luigi Covati di Piacenza spiega che nel 2011 gli alpini di New York organizzeranno, il 12 ottobre, Columbus Day, l'adunata di tutte le penne nere del Nord America.
«Sempre italiani e alpini» proclama lo striscione argentino. Roberto Baccanelli, imprenditore bergamasco nato in via Sant'Alessandro 32, alpino a Silandro nel '52, ha portato tutto il coro, 22 persone. «Questa gente sogna l'Italia e così... Bergamo oggi è meravigliosa, perché mi ha fatto rivedere l'Italia che ho lasciato, dove c'era una certa comunione, entusiasmo, voglia di vivere e amore per la patria». «Si ama l'Italia e il Paese che ci ha accolto, entrambi» sottolinea il presidente della sezione, Fernando Caretti da Pallanza, 84 anni benissimo portati. Di Cerete è il presidente della sezione Ana Sudafrica, Tullio Ferro da Johannesburg: «Siamo contenti di partecipare, essere qui anche solo per un giorno». C'è anche la sezione della Gran Bretagna, la più antica, fondata nel 1928, con il presidente Bruno Roncarati, il vice Francesco Maroso, il tesoriere Marino Maccini e il posatissimo trentino Paolo De Tassis. Sfilano verso le tribune alpini di mezzo mondo e tutta Europa. Ma è il Belgio a commuovere, lo striscione dice: «Presenti con noi tutti gli alpini morti in miniera».
Susanna Pesenti il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo
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