«Gli alpini cantano, più che parlare» Stampa

Successo di pubblico per l'esibizione delle fanfare allo stadio e dei cori al Donizetti

 

 

«Gli alpini cantano, più che parlare» dice il presidente dell'Ana di Bergamo Antonio Sarti e il Donizetti colmo sabato sera in platea e nei palchi per il concerto ufficiale di canti di montagna, gli dà ragione. Molti sono anche quelli rimasti fuori, nonostante la coda cominciata nel tardo pomeriggio. Le porte del teatro vengono riaperte per cercare di accontentare il maggior numero di persone possibile, ma le contestazioni sono inevitabili. Chi è riuscito a entrare si siede sul velluto per ascoltare, presentati da Francesco Brighenti, il coro della Scuola militare alpina di Aosta, i cori dei congedati delle brigate alpine Taurinense e Tridentina, il coro alpino Orobica. A dare colore al palco, solo l'emblema della 83° adunata e le divise dei cantori: elegantissimi gli aostani in blu e panna, in jeans il coro della Taurinense che dedica l'esibizione ai compagni impegnati in Afghanistan.
Completo il parterre delle autorità con il sindaco di Bergamo Franco Tentorio. Ma il pubblico è soprattutto di Penne nere che entrano alla spicciolata, con le camicie a quadri e i maglioni verdi. E tutti, ma proprio tutti, con il cappello. Dopo il primo canto, ascoltato con compunzione, l'atmosfera si scalda subito e alle note di «Ai preat» e «Monte Nero» già qualcuno accompagna sottovoce i cantori. Silenzio da intenditori per i virtuosismi di certi canti tutti giocati sul rincorrersi a canone delle voci e per le antiche ballate valdostane come la dolcissima «Belle rose du printemps». Ma sono le canzoni di guerra che commuovono davvero il popolo alpino, gli echi delle trincee del Carso, dei massacri dell'Ortigara e del Pasubio che arrivano ai pronipoti in ondate sonore di intatta emozione. Qualcuno sbatte le palpebre allo strazio del miserere sui monti Scarpazi, ma il teatro vien giù con Joska la rossa. Fino al Signore delle cime, cantato tutti insieme, mentre esplodono coriandoli tricolori, ed eplode, definitivamente, l'emozione del pubblico.

 


Mentre al Donizetti si celebra la montagna, allo stadio si esibiscono le fanfare, il lato militare dell'alpino. Mezz'ora prima dello spettacolo lo stadio è già quasi completo, si salvano le curve, una lasciata libera per le fanfare, l'altra che però si riempie in fretta perché il servizio d'ordine deve riaprire in fretta i cancelli e lasciar passare frotte di pubblico, famiglie intere, passeggini e nonni. È toccato alla fanfara Orobica aprire la serata. Ma è la Julia «Veci» la più numerosa: «Molto meglio che congedati» puntualizzano. Sono 110 agli ordini del maestro Giuseppe Costa, siciliano, che ha fondato la fanfara nel 1996. «La prima volta a Udine eravamo cinquecento». Segue la Taurinense con 50 elementi diretti da Massimo Ghirardello. Poi la piccola Tridentina con 36 elementi sotto la direzione di Donato Tempesta.
 

Susanna Pesenti il 10/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 

 
 

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