La notte di Bergamo è una «movida alpina» Stampa

Viaggio nelle strade del centro: tra canti e cordialità, si beve tanta birra ma gli alpini tedeschi preferiscono il vino.
Balli a Porta Nuova, in viale Papa Giovanni si gioca alla morra. E anche i locali di tendenza si riempiono di penne nere

 

 

«Mi son alpin, me piase la bîra». Sarà che da qualche anno anche qui al Nord soffia forte il vento del Nord, sarà che in queste adunate è pieno di giovani simpatizzanti che proprio alpini purosangue non sono, ma fermi sulla porta del bar, la camicia ormai sbottonata, salde nella mano più che calici o tazze si vedono grosse pinte che spumeggiano. Sui marciapiedi hanno scaricato fusti da mille litri, che dopo un paio di giorni di bevute già ansimano esausti.

Anche gli sponsor ci hanno messo del loro, e fra Moretti, Heineken, Forst e compagnia fermentando ad accompagnare il calar della sera è una festa di lieviti, un tripudio di luppoli.
Fuori dalla gastronomia Arnoldi, invece, ci sono quattro «alpini» - si fa per dire - tedeschi di Germania: niente cappello e niente piuma, una mimetica che a prima vista li farebbe sembrare più un reparto dell'esercito regolare, ma il colore dorato della pelle e l'occhio ceruleo tradiscono la parentela stretta:Martin, Bernhard sono soldati della Gebirgsjäger, truppe scelte di montagna, e vengono da Füssen; Konrad fa parte dei «Cacciatori di Mittenwald»; sono stati invitati dall'Ana a sfilare alla 83ª adunata. Fino a sessant'anni fa, sui due versanti delle Alpi non si sarebbero certo ritrovati da amici, oggi invece sono qui anche loro a far festa. E a sorpresa, i tedeschi hanno in mano tre bei bicchierozzi di vino:«La birra è meglio berla da noi, e poi l'abbiamo sempre:qui a Bergamo valcalepio:bianco o rosso è uguale».
Il gruppo Amici degli alpini di Cenate Sopra, infrattato in via Novelli, per la cena ha preparato sulla griglia una delicatezza degna delle ore più alte:«spiedo bresciano». «Qui noi giochiamo in casa - dice Giovanni Poloni -, dobbiamo offrire qualcosa di speciale. Buon appetito!». Hanno invitato, con gesto davvero ecumenico e disinteressato, tre ragazze che si dichiarano, ahimè, vegetariane;non mangiano neppure pesce. Qui siamo tornati nel regno della vite, in cima al tavolo c'è una damigiana dalla quale scende una canna ben in pressione:è il formato tipico delle adunate, la bottiglia è un oggetto elegante ma dall'aspetto un po' esangue su una tavolata pantagruelica come questa:salami grossi come tronchi d'albero («noi non facciamo le fettine sottili come i milanesi, che ci si può guardare attraverso» dice Franco Galdini, il presidente), schegge di parmigiano, fette di gorgonzola, cetrioli, cipolline... Qui il colesterolo appena si presenta lo prendono a sberle così.
Partono i canti, le generazioni e gli stili si mischiano, si va dal «Testamento del capitano» a più voci a «O-lè-lè, o-la-là»... (più in là non possiamo andare). Suona persino la fanfara dei bersaglieri, le marce si confondono con il rap, qualcuno accenna un passo di moonwalk, c'è anche chi propone un remake jazzato di famose cover delle Penne nere. Solo un trio di Salasaca ecuadoriani, di stanza a Vicenza, che sono venuti qui a Bergamo a suonare a tutto volume una musica tipo Inti Illimani, viene intimidito da un paio di urla esplicate: troppo fuori tema, chiudono gli astucci e se ne vanno con le orecchie basse.
Le macchine sono sparite dalla città. Gira giusto un'Ape, ribattezzata per l'occasione «A... pè». Un nero alto un metro e 90, vestito di giallo e di nero porta sulla testa impilati una ventina di cappelli da cowboy:«Ma come mai voi non mi comprate niente?» chiede a un alpino. Ha sbagliato articolo, povero ragazzo, sui copricapi non c'è partita. L'unico che riesce a mettere sulla testa degli alpini qualcosa che non sia una penna è un cingalese dai capelli bianchi che vende orecchie da coniglio fluorescenti; anche i piccoli megafoni portatili e le spade laser di Star Wars che brillano nella notte hanno successo.
Sono usciti fuori mendicanti di ogni genere e grado. Sedicenti «ragazze bosniache», finti storpi, e anche qualche mariuolo che luma le tasche e le borsette. All'angolo di viale Papa Giovanni si gioca alla morra. All'altezza del Café de Paris scatta «Quel mazzolin di fiori», due brunette di origine africana provano a prendere il ritmo.
In Porta nuova c'è una balera dove si balla un valzer: «Il cuore non si stanca mai, è giovane...». La maggioranza maschia e militaresca per le strade di Bergamo è schiacciante ma sulle jeep, sui trattori, sulle panche delle decine e decine di trattorie improvvisate è pieno anche di belle ragazze, probabilmente stufe del solito appuntamentino in discoteca, del solito scambio fitto di sms:qui gli inviti sono espliciti, un po' goliardici ma sinceri. Una ha ricevuto in dono una rosa rossa.
Anche il «Vox», bar di tendenza, è pieno zeppo di penne nere. Sottosezione prosecco. Qui sono pronti a resistere fino alle 2 di notte:«Mandarli via a quell'ora, però - dice Veronica - non sarà facile. Credo che si andrà avanti a oltranza». Ma quante penne e quante aquile ci sono stanotte a Bergamo? E quanti sorrisi?
 

Carlo Dignola il 08/05/2010 - L'Eco di Bergamo

 
 

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