Sono stati i primi a lanciarsi in montagna. Oggi nelle missioni Onu come forze speciali
La storia - L'associazione che li rappresenta è nata nel 2009 ma partecipano all'adunata dagli anni '70.
Franco Francescon è presidente dell'«Associazione alpini paracadutisti», nata negli anni ‘70, quando questi alpini con il paracadute hanno sfilato tra le sezioni di Bolzano e Trento. Nel tempo il gruppo è cresciuto fino a raccogliere 200 alpini, ma sempre ufficialmente «ignorati». Si inventarono così il traino del paracadute che diede loro visibilità sino a quando vennero accettati a pieno titolo dall'Ana. Tanto che ormai è consuetudine nel programma delle adunate nazionali il lancio di alcuni di loro nella giornata di sabato.
Lo scorso anno è nata ufficialmente l'associazione che raccoglie tra le sue fila alpini paracadutisti in armi e in congedo, ma anche sostenitori e simpatizzanti. «Fino dagli anni '50 in Italia parlando di paracadutismo militare si pensa alla Folgore, ma pochi sanno che i precursori furono due alpini: il tenente Alessandro Tendura e il tenente Pier Arrigo Barnaba che il 9 e 11 agosto 1918, dopo la disfatta di Caporetto, furono paracadutati oltre le linee nemiche per ripristinare i collegamenti oltre il Piave» spiega Francescon. Successivamente nel 1952 viene approvato uno studio del colonnello Emiliano Scotti che porta alla costituzione del 1° Plotone alpino paracadutisti in forza alla Tridentina. «Il primo comandante, tuttora vivente, è stato Claudio Baldessari che compì il primo lancio in montagna sul ghiacciaio del Rutor sopra La Thuile da un'altezza di circa 3.300 metri». Prima di allora nessun lancio in Italia e in Europa era mai stato effettuato in alta quota per via dell'acclimatamento; per superare il problema gli uomini furono portati in sei giorni da Cogne a La Thuile per poi riportali in camion a Torino dove si imbarcarono sull'aereo da cui si lanciarono sul ghiacciaio.
Nel 1953 si costituirono altri due plotoni nella Taurinense e nella Julia. Tre anni dopo altre due in forza alla Orobica e alla Cadore, così ogni brigata aveva un plotone di alpini paracadutisti che dipendevano dal comando di brigata. Si trattava di volontari reclutati tra gli alpini di leva dalle particolari caratteristiche atletiche, uomini che venivano sottoposti a un doppio addestramento: come alpini e come paracadutisti. Nel 1964 tutti i plotoni vennero riuniti a Bolzano formando la prima Compagnia alpini paracadutisti sotto il comando del generale Franco Ciarletta. Negli anni successivi molti sono gli impieghi con altri reparti paracadutisti nell'ambito Nato. Nel 1990 la compagnia diventa Compagnia alpini paracadutisti Monte Cervino e sei anni più tardi Battaglione alpini Monte Cervino, ereditando il nome e la bandiera di guerra del disciolto Battaglione sciatori Monte Cervino che deve la sua scomparsa alla campagna di Russia. Altra trasformazione nel 2004 quando il Battaglione diventa 4° Reggimento alpini paracadutisti con sede a Bolzano e sotto il comando del colonnello Giuseppe Montalto.
Dagli anni '90 gli alpini paracadutisti partecipano a missioni Onu in Mozambico poi in Bosnia, nei Balcani, in Iraq e Afghanistan. Il reclutamento di quella che è un'unità di «Forze per operazioni speciali» (Fos) è ormai di soli volontari professionisti che seguono un addestramento qualificato come «Ranger». «Quello che distingue i ranger attuali – conclude Franco Francescon – come tutti gli alpini paracadutisti che li hanno preceduti, non sono solo le armi o l'equipaggiamento, ma soprattutto l'elemento umano e le doti psico-fisiche che questi alpini mettono a disposizione per il mantenimento della pace nei paesi nei quali operano ubbidendo al proprio motto immutato nel tempo: "Mai strack"».
Laura Arnoldi il 08/05/2010 - L'Eco di Bergamo
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